Alcuni dei primi fotografi inglesi furono dei pittori “accademici”, Henry Collen, un miniaturista di successo, fu il primo acquirente, in Inghilterra, della licenza di Fox Talbot per la realizzazione professionale dei calotipi. In Scozia invece non era richiesta nessuna licenza: nel 1843 il pittore paesaggista David Octavius Hill (1802-1870) costituì una società con Robert Adamson (1821-1848) e dalla loro collaborazione ebbe origine la prima collezione di capolavori della storia della fotografia.

Robert Adamson era nato a Saint Andrews, una città della costa scozzese, e cominciò a lavorare come apprendista da un costruttore di mulini; dovette però lasciare quel posto per motivi di salute (probabilmente si trattava di tubercolosi). D.O. Hill, di vent’anni più anziano, era nato a Perth da una famiglia numerosa e aveva fatto studi di pittura a Edimburgo, dove aveva anche imparato l’arte della litografia. Fu testimone delle dimissioni in massa dei ministri della chiesa scozzese che diedero origine alla chiesa libera di Scozia e decise di immortalare questo avvenimento.

Poiché era un pittore di paesaggi, trovava però molta difficoltà a fare uno schizzo delle sembianze dei 500 partecipanti allo storico evento prima che lasciassero Edimburgo. Sir David Brewster, della Saint Andrew’s University mostrò a Hill dei calotipi realizzati da Robert Adamson e gli suggerì di chiederne la collaborazione. Adamson si era stabilito ad Edimburgo il 9 maggio 1843, alcuni giorni dopo la scissione della chiesa di Scozia. Insieme a Hill, in poche settimane, realizzò una lunga serie di studi fotografici, che dovevano servire da base per quel quadro grandioso che Hill, pittore mediocre e di maniera, impiegò 23 anni a completare.

I ritratti di Hill e Adamson, che nelle loro intenzioni avrebbero dovuto servire solo come materiale di base per il quadro, sono opere che trascendono l’opaco accademismo di Hill. Il calotipo, per la sua stessa natura, era molto più adatto del dagherrotipo ai ritratti: consentiva infatti sfumature molto gradevoli di luci e ombre, ma richiedevano una grande sensibilità artistica per dare i risultati migliori. Quando le opere di Hill e Adamson furono esposte per la prima volta all’Accademia Reale Scozzese delle Arti (della quale Hill era segretario), furono presentate come “eseguite da R. Adamson sotto la direzione artistica di D. O. Hill”.

Ed era stato Hill, effettivamente, che aveva preparato soggetti, costumi e fondali, mentre Adamson si era occupato esclusivamente della parte tecnica. Hill si trasferì addirittura in casa di Adamson e le loro fotografie recarono da allora la scritta: “realizzata da D.D. Hill e R. Adamson nel loro studio per calotipi di Carlton Stair”. Ma per l’esattezza non si trattava di un vero e proprio studio: l’esposizione dei calotipi richiedeva tanta luce che doveva essere fatta in pieno sole, come si può constatare anche da un esame accurato di alcune loro opere. Però anche in pieno sole, e con l’aiuto di specchi per schiarire le ombre, l’esposizione richiedeva alcuni minuti di posa, troppi per il soggetto che doveva restare perfettamente immobile.

Per fortuna Hill, essendo pittore, conosceva le pose più adatte a non stancare il soggetto, pur mantenendogli un atteggiamento naturale: con le braccia appoggiate a una poltrona, su di un ponderoso volume, su di un bastone o un ombrello. Questi sostegni aiutavano i soggetti a restare immobili, a restare immobili, anche se molti non resistevano a quello sforzo e i ritratti risultavano mossi. Hill e Adamson usarono anche un appoggia-testa a forma di treppiede, che diventò presto un accessorio normale degli studi fotografici. Il treppiede avrebbe dovuto essere nascosto dietro il soggetto, ma poiché in qualche caso risultava parzialmente visibile, Hill, con la sua esperienza di pittore, trovò il modo di eliminarlo ritoccando la copia.

Studiò anche altre forme di ritocco: poiché i calotipi erano stampati su carta normale (impregnata con prodotti chimici) talvolta era necessario eliminare delle macchie, ridisegnare delle macchie poco chiari, aggiungere titoli o scritte varie. Ma Hill non ritoccò mail il viso dei suoi soggetti, al contrario dei fotografi dell’epoca, che intervenivano per abbellirli. La maggior parte dei calotipi di Hill e Anderson furono realizzati a Rock House per motivi puramente tecnici. Adamson, che era probabilmente il più esperto, aveva constatato che otteneva i risultati migliori quando utilizzava la carta subito dopo averla sensibilizzata. Questa è anche, probabilmente, la ragione per cui tra le opere di Hill e Adamson ci sono molto meno paesaggi di quanto ci si aspetterebbe data la precedente esperienze di Hill. Tra i non molti paesaggi pervenutici i migliori sono stati eseguiti nel pittoresco cimitero di Greyfriars, nel castello di Edimburgo e nel villaggio di pescatori di Newhaven.

Nei ritratti di Hill e Adamson sono rappresentati molti personaggi caratteristici. Tra di essi, ad esempio, fanno spicco un missionario discndente dai pellerossa vestito con il loro tradizionale costume, un capo clan delle Highlands, un suonatore di cornamusa del 42° Royal Highlanders reduce dalla battaglia di Waterloo, un gruppo di soldati di artiglieria della guarnigione del porto di Leith e molti personaggi del popolo e dell’alta società impegnati nelle loro occupazioni quotidiane. Hill posava sovente davanti alla macchina, mentre Adamson, timido e riservato, appare più raramente nei loro calotipi e probabilmente l’instancabile attività di Hill si dimostrò eccessiva per le forze limitate di Adamson.
Nel dicembre del 1847 questi tornò a Saint Andrew per trascorrere il natale in famiglia e per riposarsi un po’, ma nei primi giorni dell’anno successivo morì, a soli 27 anni. Hill, che non voleva abbandonare l’attività così ben iniziata, tentò di convincere John Adamson, fratello di Robert, a continuare l’opera, ma ci riuscì. E poiché egli, nei quattro anni e mezzo di attività comune, non si era per nulla familiarizzato con le macchine e i procedimenti chimici dei quali si occupava quasi esclusivamente Adamson, fu costretto a ritirarsi. Questi due uomini.così diversi tra loro sotto molti aspetti, costituirono una coppia affiatata e, in un breve periodo di attività creativa, diventarono i primi “classici” della fotografia.








